Carta Straccia

Carta Straccia non è un pedante trattato sui media. È un libro carogna, un racconto all’arma bianca, sornione e beffardo, pieno di ricordi. Mette in scena una quantità di personaggi, tutti attori di una recita alla quale ho partecipato anch’io: l’informazione stampata e televisiva, di volta in volta commedia o tragedia

È questa la premessa che accompagna l’ultimo libro di Pansa, un libro che non si presenta come un saggio sull’informazione in Italia, ma semmai una riflessione su come la professione sia gradualmente cambiata nel corso degli anni attraverso gli occhi di un disincantato cronista, reduce di un epoca dove una smentita faceva tremare i polsi più di una querela.

Il libro tocca un arco lunghissimo, costellato dagli aneddoti dell’autore, per concentrarsi via via sulle ultime traversie, e toccando gli ultimi fatti politici visti dalla lente spesso deformante delle redazioni.

Giornali divenuti ingombranti, talmente influenti da dettare la linea anziché affiancare il leader di riferimento. Eppure inutili, come indica il sottotesto del libro, perché incapaci di seminare e di creare opinione come un tempo. Non mancano i giudizi salaci su molti sui colleghi e perfino editori; ma chi conosce e legge Pansa da dopo Repubblica, andatosene via perché i suoi articoli non erano in linea col giornale di Scalfari, non ne rimarrà sorpreso.

Nel libro di Pansa, per quanto godibile, in fondo non scopriamo nulla che non sapessimo già, ma per fortuna del lettore il tono rimane sempre leggero, e ci viene risparmiata la solita acrimonia settaria. Ma soprattutto viene evitata quella  che io chiamo la “sindrome da vecchio trombone”, che colpisce molti decani della professione, le vedove del ”si stava meglio quando si stava peggio”

Chi ha mai letto Giorgio Bocca, riuscendo ad arrivare fino alla fine, sa benissimo a cosa mi riferisco.

Martin Sileno (redattore)

Martin Sileno

collaudatore di illusioni, menefreghista e blogger

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