Il tanto atteso discorso di Fini potrebbe esser definito come quello delle conferme. Per gli antiberlusconiani: la conferma che il padre-padrone ha sempre nascosto dietro un finto liberismo il volto del nuovo totalitarismo di fine millennio. Per i berlusconiani: la conferma del tradimento del camerata Fini, che in nome di chissà cosa (di una sottana?) ha cambiato bandiera ma mantenendo comunque il culo nella Nutella di Montecitorio. Per l’opposizione: la fine dell’era berlusconiana, sancito da quel “il PDL non esiste”. Per Rutelli & Co.: la conferma che un terzo polo, lavorandoci un po’, non è poi così utopistico. Per me invece è la conferma che la via del bipolarismo all’italiana si è rivelata un fallimento.
Sembra che la crisi del terzo anno sia praticamente impossibile da superare sia per il centrodestra (puntuale all’appuntamento con i rimpasti), sia per il centrosinistra (che a quella scadenza proprio non ci arriva). Una volta è Follini, l’altra è Bertinotti, l’altra ancora è Mastella, adesso è Fini. Sembra che l’unica riforma davvero sensata sarebbe il ridurre la durata di una legislatura ad un triennio, visto che le Armate Brancaleone nostrane non riescono a tenersi unite più del tempo necessario a mettere una croce su una scheda elettorale. A metà legislatura, puntuale come la morte, ecco il richiamino articolato in punti: 12 nell’era Prodi, 5 per l’ultimo Berlusconi. Il buon Romano, da navigato politico qual è, cercò di neutralizzare questi deragliamenti dal programma elettorale sfornando un tomo di oltre 200 pagine che credo neppure lui abbia letto, nel tentativo di essere il più omnicomprensivo possibile. Sappiamo tutti com’è andata a finire: l’elettore non ha fatto in tempo a leggere tutto il poderoso programma elettorale che si stava già andando a nuove elezioni.
Purtroppo il panorama politico italiano è talmente frammentato e popolato da tanti e tali bucanieri di palazzo, che è impossibile che un’unione d’intenti vada oltre un biennio. E allora tanto vale guardare ai nostri piccoli cuginetti, a quella Repubblica di San Marino che affonda le proprie radici nella notte dei tempi ed è sopravvissuta sia a Napoleone che al garibaldismo che ai tedeschi. Là dove i Capi di Stato (due) si danno il cambio ogni sei mesi. Il sistema giusto per soddisfare gli smisurati ego sia di Papi Berlusconi che di Gianburrasca Fini.