Dopo l’exploit di Fini alla festa del PD ecco che il timone viene ripreso saldamente da un candidato ufficiale alla segreteria del partito.
Standing ovation per Bersani a Genova e una frase che racchiude in sé tutto il suo pensiero sulla situazione attuale del partito: “Non posso fare il segretario del Pd se non posso usare questa parola, sinistra. Sinistra non è una parola esclusiva. Sinistra è una parola che allude all’uguale liberta e dignità di tutti gli esseri umani. Non vedo un partito progressista che possa rinunciare a questa parola”.
Inutile dire che a questo punto c’è stata l’apoteosi.
La battaglia del candidato sostenuto da D’Alema che per alcuni sondaggi sovrasta Franceschini di 19 punti e per altri invece stà sotto di 8 punti rispetto al pallido ex democristiano simpatico alla Serracchiani, basa tutta la sua lotta sull’identità del partito aprendo di fatto la porta a eventuali innesti dalla sinistra extraparlamentare.
Il candidato laicista Marino sembrerebbe invece fuori dai giochi.
Pierluigi Bersani è un candidato che piace molto a quell’ala del centrosinistra che non si riconosce con la prima metà della denominazione “centro”. E’ un uomo di indubbie capacità di governo, lo dimostra il suo curriculum di ministro nelle passate legislature e soprattutto, cosa che per molti è un difetto, è discendente diretto della vecchia (ma non per questo disprezzabile) classe politica DS.
Una colpa di questi tempi per Bersani è quella anagrafica. Bersani non è gggiovane e in un periodo nel quale all’interno del PD sembra che o si è giovani o si è da cassonetto differenziato per cariatidi della politica, può essere un ostacolo.
Da esterno che, a contrario del ct della Nazionale Lippi, non andrà a votare per le primare del PD vedo in Bersani l’avversario politico più credibile per il centrodestra e per la rinascita di un centrosinistra che ha il suo vulnus proprio nella perdita della propria identità politica.
In un passaggio del suo discorso si evince che allo stato attuale il candidato quasi omonimo del cantautore di Giudizi Universali è quello che al momento ha le idee più chiare rispetto ai suoi colleghi: “Un partito se vuole aggregare deve avere un’identità, un centro aggregatore. Un partito popolare, non classista, non elitario, non giacobino, che sta dove sta il popolo, che parla al lavoro e ai cittadini. Voglio bene a Franceschini ma quando ha detto di essere il Pd e che ’sono Bersani e Marino che devono spiegare in cosa sono diversi’ non mi è piaciuto molto. Se in un anno abbiamo perso 4 milioni di voti il problema sarà un po’ di tutti. Ciascuno di noi deve dire con precisione cosa pensa che non sia andato e cosa c’è da correggere nel percorso del Pd»
Lucido e pragmatico, non c’è che dire, se si impegnasse secondo me riuscirebbe a fregare il posto a Fini nel cuore degli elettori del PD.
Dopo Fini c’è Bersani
symbel (redattore)
azz….. Bersani mi piace , e adesso come faccio?
se non hai l’indice e l’anulare della stessa lunghezza non ci vedo nulla di male