L’argomento principe che tiene banco spesso nelle riunioni di redazione è la discendenza politica di Re Silvio.
Chi prenderà le redini del partito dopo Silvio Berlusconi? Chi si accollerà questa pesante eredità?
Una delle grandi colpe del Cavaliere, secondo alcuni, è quella di non avere costruito una classe politica degna di poter prendere con altrettanta autorevolezza la leadership del centrodestra italiano. Snocciolando i nomi uno a uno presi dal panorama politico attuale si finisce per cadere nello sconforto.
Ok, l’erede di Silvio Berlusconi è solo Silvio Berlusconi ma è una frase ad effetto che diventa presto inutile, prima o poi anche lui dovrà capitolare, non fosse altro per problemi di vecchiaia o di salute nonostante le sue battute circa la possibilità di vivere fino a 150 anni.
Ma torniamo agli eredi.
I nomi più gettonati sono Angelino Alfano, che però non ha nessuna appeal televisivo e che viene difficile immaginare a tenere a bada la Lega di Bossi o i mal di pancia dei colonnelli del PDL.
Un tempo si parlava anche di Formigoni, troppo democristiano però e inviso a chi all’interno del partito non vede di buon occhio i superstiti dello spiaggiamento della Balena Bianca.
Tremonti piacerebbe molto anche al centro e piace molto alla Lega ma è anche il più odiato dai ministri che non hanno visto quattrini in questa legislatura e ha un carattere troppo freddo, non esercita fascino sul popolo.
Una mossa intelligente potrebbe essere quella di giocare sul “fattore donna” ma anche qui non c’è molto da scegliere perché escludendo per ovvi motivi la Santanché, la Carfagna e la piagnona Presitigiacomo rimangono solo la Gelmini, che ha il merito di aver tenuto testa alle proteste studentesche ma non sembra credibile come collante del consenso in una coalizione così complessa o la piccola e acerba Giorgia Meloni. Ci sarebbe anche la Moratti ma i giudizi sulla sindachessa sono da rimandare al dopo elezioni amministrative quando si vedrà quanto consenso riuscirà a catalizzare intorno alla sua ricandidatura.
Un bel dilemma quindi, un percorso che sembra senza uscita e che invoglia a lasciarsi sopraffare dallo scoramento e magari a decidere di rimanere a casa il giorno delle elezioni politiche prossime.
Molto spesso le riunioni di redazione sono finite proprio con questo laconico commento: “non si può fare altro che non andare a votare”.
Ma io ho continuato lo stesso ad immaginare uno scenario che mi incuriosisce e ho cominciato a pensare ad una possibile via d’uscita da questi ragionamenti partendo da presupposti fantasiosi ma che potrebbero anche rivelarsi realistici.
Partiamo dal concetto basilare che Berlusconi non è un uomo di destra e ovviamente nemmeno di sinistra, per renderla con un’immagine che rubo a Mario Sechi, direttore del Tempo, Berlusconi è berlusconiano.
In quanto tale, ovvero scheggia impazzita e personaggio anomalo del panorama politico degli ultimi 17 anni perché non pensare ad un colpo di teatro?
Perché non immaginare che alle prossime elezioni il Cavaliere non tiri fuori un coniglio dal cilindro?
E se il nome del suo successore non fosse tra quelli ora conosciuti? E non parlo di uno dei suoi familiari che sono troppo intelligenti per dilapidare le proprie fortune impelagandosi in politica con le Bocassini di turno.
Immaginate se Berlusconi acquistasse un Matteo Renzi. E se addirittura appoggiasse un Matteo Renzi senza nemmeno portarselo a destra? Se appoggiasse un personaggio a patto che riesca a scrollarsi di dosso il vecchiume del partito democratico, tutti ma proprio tutti i vecchi soloni?
L’altro colpo sarebbe Maroni, benedetto dal Cavaliere e, in uno scenario futuribile, leader di un movimento terzo, né PD, né PDL, né Terzo Polo, né Lega ma un megamix di tutte queste realtà.
Fantapolitica? Adesso sì visto che Berlusconi non sembra voler abbandonare il suo sogno di cambiamento con ovviamente lui protagonista assoluto ma chissà in futuro o magari con un altro ruolo meno operativo e più da supervisore o “padre nobile”.
Come si può fondare un partito salendo su un predellino in piazza si può anche rimescolare la carte e creare dal nulla il nuovo.
Nell’arco di una campagna elettorale siamo stati abituati a veder crescere e ribaltare il consenso.
E se a morire fosse non tanto il bipolarismo ma “questo” bipolarismo così come lo vediamo adesso?
L’erede di Berlusconi
symbel (redattore)