Giorgio Napolitano non sta vivendo un periodo tranquillo. Più d’uno, sia a destra che a sinistra, lo ha strattonato per la giacchetta ma lui, serafico, si è sempre limitato a risposte dal colle piuttosto neutre e sempre signorili. Dapprima gli è toccato sorbirsi gli strali di Di Pietro, poi di Berlusconi, passando persino dalle offese di Grillo, di Sabina Guzzanti e di Storace.
Napolitano non possiederà forse il patriottismo, la pomposità, e forse anche simpatia di un Ciampi, ma ha saputo comunque svolgere il suo ruolo nel pieno rispetto delle regole. Ecco perché le critiche a Napolitano mi sono sembrate ingenerose, ed il fatto che scontenti in maniera trasversale lo rende ai miei occhi un ottimo garante, checché ne dicano i malmostosi Berlusconi e Di Pietro.
Tuttavia, alla luce del provvedimento per vilipendio al capo dello Stato nei confronti di Antonio di Pietro e del direttore di Libero Belpietro, sono portato a fare alcune considerazioni sulla legittimità di tale espediente, e se sia ancora un provvedimento attuale per proteggere una carica dello stato, di certo la più rappresentativa ma non la più importante.
Ormai l’elenco dei nomi finiti nel registro degli indagati con l’accusa di vilipendio è sterminata e conta firme illustri. Gente illustre come Montanelli, Guareschi, Amendola, sono finiti sotto la mordacchia del provvedimento. Senza parlare poi delle iscrizioni a pioggia nel registro degli indagati quando il presidente era un certo oscar Luigi Scalfaro, dove Pannella nel 1997, in uno dei suoi coup de theatre, inviò un esposto alla procura per autodenunciarsi per le offese al presidente per mettere in ridicolo la piega presa.
La differenza tra il diritto di critica e insulto è spesso lieve. Non si capisce perché possa essere lecito apostrofare in sede parlamentare il primo ministro come mafioso, mentre se l’aggettivo “indegno”viene associato al capo dello Stato le zelanti procure immediatamente si allertano.
L’accusa di vilipendio sembra davvero anacronistica, soprattutto per un paese incline ad avere poco rispetto per le figure dello stato e per le istituzioni in genere. Il Presidente della Repubblica merita certamente rispetto, ma non un rispetto maggiore ad una qualsiasi altra carica o un qualsiasi altro servitore dello stato
A meno che non ci sia una legge che punisca maggiormente i reati di presidentofobia
Vilipendio a chi?
Martin Sileno (redattore)
Ci sono da dire alcune cose a proposito.
La prima è che Napolitano e il Quirinale in generale non hanno chiesto nessun provvedimento disciplinare e quindi, come è scritto giustamente nell’articolo si tratta di un’iniziativa di alcune “zelanti procure”.
La seconda è che accomunare il presunto vilipendio di Di Pietro che ha accusato il presidente di viltà all’articolo di Belpietro che riportava informazioni giornalistiche, per quanto scomode fossero, mi sembra assurdo.
La terza è che nessuno scenderà in piazza perché si abbia la libertà, quando capita, anche di scrivere articoli che mettano in luce una presunta mancanza del Presidente della Repubblica.