Quando ero ragazzo ricordo che rimanevo molto colpito dal fatto che dei giornalisti sportivi, quelli che si occupavano di calcio, era impossibile sapere che squadra tifassero. Erano i tempi dell’attesa trepidante di Novantesimo Minuto per vedere al più presto i goal della domenica. Certo ogni campo aveva il suo inviato e a meno che non si trattasse di grandi città dove giocavano due grandi squadre per le altre si poteva intuire chiaramente quali fossero le simpatie dell’inviato che interloquiva con Paolo Valenti. Ma nulla era esplicito, c’era una sorta di pudore e di rispetto nel non rivelare la propria fede calcistica.
Non si tratta di nostalgia, di rimpiangere il passato, seppur ce ne siano tutti i motivi, ma per fare un raffronto con al situazione attuale dove il tifo viene sbandierato allegramente pregiudicandone spesso la credibilità.
Un altro ambiente dove chi “sgarrava” nello schierarsi veniva additato come persone scorretta e dal comportamento deprecabile era la Chiesa. Si sa che ci sono sempre stati preti simpatizzanti per il fascismo ed altri più vicini all’ala sinistra della Democrazia Cristiana, se non persino del partito Comunista che allora era comunista sul serio e non solo negli spauracchi lanciati ancora dal Premier.
Tutto si poteva far passare ma non il tentativo di propinare sotto banco idee politiche in altri contesti.
Ora ci sono i preti dichiaratamente antiberlusconiani, no global, quelli che vanno alle cene di Forza Italia o addirittura fanno militanza politica.
La scuola poi. Si sapeva che l’insegnante di filosofia e storia e in generale di materie umanistiche era tendenzialmente schierata a sinistra magari figlia del 68, c’era pure quella di lotta che urlava alle manifestazioni politiche, suonava i tamburelli, urlava contro il potente al governo di turno cori da stadio ma dalla cattedra teneva un comportamento rigoroso. Sì magari si lasciava sfuggire qualche entusiasmo di troppo nel descrivere l’immancabile capitolo della storia contemporanea dedicato ai grandi personaggi come Gramsci o selezionando a modo proprio quali paragrafi della seconda guerra mondiale preferire rispetto ad altri ma c’era contegno, rispetto per se stessi, per gli alunni e per la propria professione.
Oggi invece ci sono i presidi e i docenti che fanno politica dalle cattedre, in modo esplicito e in alcuni casi creando persino una commistione tra programmi e militanza.
“Maria Stella Gelmini, un curriculum scolastico anonimo. Una trasferta a Reggio Calabria per il praticantato legale. Poi la folgorante carriera politica. La vita da mediocre della ministra che voleva fare la ballerina e che ora infiamma la scuola” questo il compito per casa, leggere questo articolo pubblicato dall’Espresso per imparare come scrive bene un curriculum.
Non invento, non scherzo, non esagero. Questo quello che accade in una classe di un liceo del nostro Paese.
Paese vessato dai conflitti di interessi, senza libertà di espressione e così via blaterando.
Ci saranno tanti esempi di colore opposto, forse, e in questo caso non mi sentirei sollevato.
Ormai tutti hanno la giacchetta, nera o rossa, e a chi non ce l’ha la stanno preparando per farla indossare al più presto. La storia evidentemente non ha insegnato nulla. Che tristezza.
Tutti con la giacchetta
symbel (redattore)