Andare a visitare i campi di concentramento di Auschwitz e Birkenau non è un’esperienza facile da digerire, e il viaggio di un’ora e mezza contribuisce ad accrescere l’attesa. Si parte dalla città di Cracovia per giungere poco fuori Oświęcim dopo un’arrampicata su strade male asfaltate, strette e qualche sorpasso azzardato.
Il ritorno, stessa strada e stesso mezzo, aiuta a riflettere su quanto visto, se poi aggiungiamo una giornata fredda e molto piovosa il gioco è fatto.
Tornati in albergo e sfreddatosi il pathos del momento, si fanno altre considerazioni.
Auschwitz e Birkenau vanno visitati, in ogni caso, e possibilmente non in gita scolastica con le insegnanti invasate. Vanno visitati sperando di incontrare una buona guida che non si lasci troppo trasportare anche se, in tutta sincerità, è molto difficile visto il contesto.
Il viaggio dentro l’orrore deve essere intrapreso poi con una buona compagnia.
Uscendo dai cancelli ornati di filo spinato la prima domanda che mi sono posto è stata: “vedendo tutto questo orrore, osservando le foto, i documenti cartacei, le baracche, i muri per le esecuzioni, le latte che contenevano i grani di zyklon b, le scarpe dei deportati, i capelli tagliati e ammassati, i forni crematori… come è possibile che esistano dei negazionisti?”
Domanda banale, soprattutto se non supportata da letture adeguate.
Non si tratta di pescare nel torbido ma di vedere l’altro lato, di conoscere un altro mondo e capire cosa possa spingere una persona a negare tali atrocità accertate storicamente, a meno che non sia pazzo o anticonformista a tutti i costi.
E così mi sono documentato.
Innanzitutto ho potuto farlo solo grazie ad internet visto che nella comunità accademica i cosiddetti negazionisti (gli storici politically correct vi malediranno se osate chiamarli “revisionisti”) sono emarginati e osteggiati. Se per alcuni di questi potrebbe sembrare il minimo che si meritano perché certe teorie sono strampalate e irricevibili, per il restante gruppo di storici non allineati si tratta di una vera e propria discriminazione.
La libertà d’opinione, per giunta dagli stessi che la portano a vessillo, viene bellamente violentata quando si parla di negazionismo del genocidio degli Ebrei nei campi di concentramento.
In Germania questo atteggiamento è anche comprensibile, negli altri paesi europei suona stonato sentire dell’allontanamento di docenti universitari solo per aver osato dedicare una delle loro lezioni alla possibilità che ci siano voci diverse sulla Shoah rispetto a quelle ufficiali.
Vi risparmio tutta la documentazione portata dai negazionisti a favore delle loro tesi che comunque è abbastanza ricca e circostanziata e che potete trovare con un po’ di impegno con qualche ricerca su Google o nei pochi siti web dedicati a questo argomento non ancora oscurati, e in ogni caso visitateli con un anonymizer.
Il risultato di queste letture, una volta filtrate da tante cavolate sparse qua e là e prendendo in considerazione gli studiosi più seri, si “limita” a mettere in dubbio l’esistenza di camere a gas e forni crematori e in alcuni casi afferma che il numero degli ebrei morti è molto inferiore a quello ufficiale (circa 6 milioni) oltre al fatto che non ci fosse un piano preordinato ma una situazione sfuggita di mano a causa di epidemie, disorganizzazione e altri fatti contingenti.
Provo a riassumere in modo un po’ grossolano.
Camere a gas e forni crematori: quelli di Auschwitz sono ricostruiti nel dopoguerra secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, il fatto è certo e ammesso anche dall’amministrazione del museo. Mi dispiace che la nostra guida non l’abbia detto durante la visita facendo credere che fosse stato ritrovato così dai russi dopo la liberazione.
Hitler ha voluto il genocidio: non c’è nessun documento scritto che provi inequivocabilmente che il genocidio fosse programmato e ordinato dal Fuhrer.
Le pastiglie di Zyklon B ritrovate ad Auschwitz: il gas in modiche quantità serviva a disinfettare dai pidocchi e non era mortale.
Le ceneri di corpi umani ritrovati a Birkenau: la cremazione dei cadaveri sarebbe servita ad evitare che si propagassero le epidemie in un campo per larga parte paludoso e malsano.
Queste considerazioni sono ben supportate da documenti e perizie che tendono anche a dimostrare che le camere a gas, per come sono state descritte dai testimoni e di conseguenza ricostruite, non avrebbero mai potuto funzionare ai fini dello sterminio.
Detto questo tutte queste considerazioni sono RISIBILI di fronte al fatto che INEQUIVOCABILMENTE delle persone sono state prelevate dalle loro case, concentrate in campi malsani, malnutriti o non nutriti affatto, spogliati di tutto ciò che avevano e costretti in condizioni disumane solo perché considerati appartenenti ad una razza inferiore.
Nella migliore delle ipotesi, volendo essere benevoli e dando credito a tutte le considerazioni dei negazionisti si arriva alla conclusione che tutti quegli ebrei non sono stati gasati e poi cremati ma sono “solo” morti di fame, tifo, stenti a causa della loro condizione di detenzione e che magari Hitler non era del tutto a conoscenza di quanto fosse grave questa situazione (questa è la meno credibile delle tesi).
Cambia forse qualcosa ai fini della valutazione dell’orrore di questa pratica di detenzione forzata?
Il buio profondo che ha riempito quegli anni e l’incommensurabile cattiveria dell’uomo forse meriterebbe si mettessero da parte questioni che alla luce dell’enormità di quel delitto appaiono di lana caprina.
Un unico appunto, tuttavia, a chi gestisce questa grande macchina dei “pellegrinaggi” ai campi di concentramento. Perché non dire tutto ma veramente tutto? Perché non dare spazio, seppur piccolo e solo ai fini di sbugiardarle, anche ad alcune tesi negazioniste per evitare si pensi ad una interpretazione della storia a senso unico?
Se ne avete la possibilità visitate Auschwitz e Birkenau, l’esperienza va al di là di qualsiasi libro possiate leggere o film possiate guardare.