Porgi l’altra guancia

L’arbitro svizzero Massimo (nella foto insieme a ), non certo uno qualsiasi, dato che gli fu stata affidata la direzione dell’ultima finale di Champions League tra Manchester e Barcellona, ha forse realizzato il sogno segreto e inconfessabile di tanti arbitri : rimandare al mittente le offese ricevute durante la partita, facendosi un baffo del noto precetto evangelico.
Incurante di protocolli, sprezzando l’imperante politically correct, Busacca ha esibito un dito medio alzato verso il pubblico che, durante il match della Coppa di tra FC Baden e Young Boy, l’ha insultato per tutta la partita.
“Se è veramente successo che ho mostrato il è stata una reazione umana. Me ne dispiace. Sono stato offeso e provocato dal primo minuto», ha detto Busacca «Non ho mai visto tanta esasperazione dall’inizio di una partita, una maleducazione inaccettabile per qualsiasi sportivo».

L’arbitro ora rischia seri provvedimenti da parte della sua federazione, e comunque la sua carriera risulterà macchiata per sempre da questo episodio.

Francamente, è difficile non giustificare l’arbitro per una reazione normale. Sarebbero poche le persone capaci di rimanere perfettamente calme per tutta la partita, in quello che è ormai diventato un rito classico delle partite di calcio. Più che sostenere la squadra, si insulta l’avversario per fargli perdere le staffe, magari andando anche a pestare su qualche nervo scoperto, o comunque dove si sa che il giocatore è più influenzabile. Pensiamo a Balotelli, per il quale ormai non esiste stadio nel mondo in cui non partano insulti destinati a fargli perdere le staffe.

Gli spalti degli stadi di calcio sono da tempo diventati un’arena, una micronazione in cui si applicano leggi differenti del resto dello Stato. Gli insulti sono forse la cosa meno grave che accade, ma se una persona si mettesse ad insultare uno sconosciuto per strada, molto probabilmente verrebbe denunciato. Si arriva al paradosso che sono le società di calcio a venire penalizzate dal comportamento del loro tifosi, con squalifiche del campo o partite giocate a porte chiuse, come se le società, che non sono nemmeno padrone dei campi in cui giocano, possano essere in grado di tappare la bocca a decine di migliaia di tifosi assatanati.

Non sappiamo cosa succederà a Busacca. Speriamo in una sentenza clemente se non nell’assoluzione piena. Comunque vada, Busacca si è guadagnato l’imperitura stima di tutti coloro che non ne possono più della violenza, verbale e non, di cui il calcio sembra non poter fare a meno.

Lapo Pelosini (redattore)

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