mostro di Panama

Il termine mostro suscita in noi subitaneo orrore e repulsione, la mente inizialmente paralizzata dal raccapriccio si prepara all’offesa, in una sorta di  primordiale istinto di autodifesa. In realtà il termine mostrum in latino significa meraviglia, prodigio, una cosa insolita meritevole d’esser mostrata.

Gli animali mitologici, quelli dalle forme più bizzarre e favoleggiati in qualche racconto orale venivano collocati, un po’ sbrigativamente, nelle indie o oltre le colonne d’ercole. Con l’avvento e l’insediamento del cristianesimo nel mondo occidentale il termine mostro ha assunto la connotazione spregiativa che tutti conosciamo. La mostruosità è diventata una bruttura da cui scappare, se non proprio vessare e combattere. Perché se è vero che siamo fatti a immagine e somiglianza di Dio, il mostro nella sua diversità e deformità non poteva che rappresentare l’altra parte dello specchio: il peccato, la cattiveria, la nequizia. Insomma il Diavolo.

Ed è con questo stato d’animo che dei ragazzini di Cruz Azul (Panama) hanno accolto il mostrum, l’essere prodigioso affiorato dalle acque ed ucciso senza pietà da un fitto lancio di sassi. Col la sua lingua a penzoloni, accasciato senza vita su una roccia battuta dal sole, il figlio del prodigio non troverà nessuno disposto a piangerlo. Una vittima dell’ignoranza che verrà prontamente etichettata come burla dalla scienza ufficiale, la stessa che ha riempito il vuoto nel cervello dei ragazzini e armato le loro mani.