Fa tristezza questa turnée americana del calcio milanese, che per qualche milioncino di euro si compra un bell’alibi per la prossima stagione. La tendenza ad abbandonare i classici ritiri ossigenanti ad alta quota per preferire tour promozionali pagati a peso d’oro in località esotiche è una conquista del calcio moderno, ed a cascarci sono praticamente tutti i top team europei (lo United va forte nel sud est asiatico ed in questi giorni sgambetta tra Malesia ed Indonesia, mentre il Real solitamente si fionda in Cina appena può). Chi va in montagna ormai é il club sfigato senza appeal internazionale. Ma nel lungo periodo queste scelte pagano dal punto di vista del marketing? O siamo in presenza di una svendita del marchio?
Prendiamo ad esempio queste World Series in svolgimento negli States. A parteciparvi sono Chelsea, Milan, Inter e Club America. A contorno del torneo sono previste varie uscite contro rappresentative dei college locali e squadre della MLS tipo Los Angeles Galaxy. Il momento non è dei migliori in quanto a visibilità. Negli USA, si sa, il soccer non va per la maggiore. Ma anche per i pochi (in termini relativi) interessati, ci sono eventi ben più meritevoli d’attenzione che non i nostri club a corto di preparazione e con rose imbottite di primavera e rese fluide dal calciomercato. Giugno e luglio hanno visto come protagonista assoluta la nazionale a stelle e strisce: prima una buona Confederations Cup contesa fino all’ultimo minuto al grande Brasile, ora una Gold Cup giocata in casa che vedrà in finale gli States contro gli storici rivali del Mexico. Oltre questo, la lega statunitense sta per cominciare. Un vero appassionato di calcio ha quindi ben altro a cui dedicarsi. Il tifoso europeo invece se ne frega altamente: orari di gioco inverosimili e copertura mediatica uguale a zero.
Tralasciando l’aspetto finanziario, queste trasferte hanno qualche influsso positivo sulla percezione all’estero dei club italiani e del loro brand? Se analizziamo i risultati, non credo. Sia Milan che Inter soffrono (e spesso perdono) contro squadre che in condizioni normali batterebbero ad occhi chiusi oppure contro le inglesi che storicamente iniziano il campionato un mese prima di noi. Ergo, per qualche soldo si va a perdere la faccia. Si gioca in stadi non adatti (tristissimo il derby a Boston, in un campo di football americano e con un megapalco da concerto in costruzione proprio dietro una delle due porte), con pubblico scarso e un caldo incredibile. Anche lo spettacolo calcistico langue, per tutte le ragioni esposte. Noia, noia, noia. Pessimo spot per il calcio. Oltre a tutto ciò, giocare 3 partite in 5 giorni (vedi il caso del Milan) ed i continui spostamenti influenza negativamente la preparazione, anche in vista di un campionato pre-mondiale vissuto in fretta e furia. Urge tornare a focalizzare l’attenzione sull’aspetto sportivo della gestione dei club, che probabilmente porterebbe migliori risultati nella stagione regolare ed eviterebbe lo svilimento dei valori simbolici che la maglia si porta con se.