Berlusconi, Fini e la politica a voce alta

Berlusconi, Fini e la politica a voce alta Lo verbale e gestuale tra e alla riunione che ha visto radunati i vertici del giovedì, ha generato diversi commenti e considerazioni politiche sui quotidiani e gli organi di informazione televisiva.
Tra tutte le riflessioni quella con cui mi trovo più in sintonia è espressa nell’editoriale di Marcello Sorgi su La Stampa.
Finalmente ! Finalmente un sasso nello stagno del PDL che mette in piazza la passione , quella di un tempo, quando si veniva anche alle mani per affermare le proprie idee.
In alcuni frangenti mi ha ricordato lo scatto di qualche anno fa in un incontro di Confindustria con un Ferruccio De Bortoli moderatore attonito e un Della Valle in prima fila annichilito e un sottofondo di applausi e ovazioni.
Da una parte Silvio Berlusconi, a torto sottovalutato dal punto di vista politico ma in realtà politico a tutti gli effetti, nell’accezione di politica che comprende la capacità di mediazione, di comunicazione e creazione del consenso.
Dall’altra Gianfranco Fini, legittimato come politico da tempo, vista la sua lunga militanza e la sua professione esclusivamente esercitata nel partito.
Uno scontro tra due caratteri forti, per una buona volta fuori dagli impaludamenti istituzionali, dal politically correct, dal protocollo e soprattutto, cosa ancora più importante, a conferma dell’immaginario che da tempo voleva i due trattarsi a male parole ma fuori dai riflettori per poi mostrare correttezza davanti alle telecamere.
Al di là dei contenuti, che hanno visto prevalere nel partito in modo schiacciante la posizione del Premier (93%) che non vuole le correnti anzi le demonizza e le definisce metastasi, rimangono le modalità della dialettica, appassionata e “violenta” con indici puntati e toni alti.
Il futuro del PDL? Non è più incerto e meno legato alla figura di Berlusconi di quanto lo fosse prima, da questo punto di vista l’exploit di Fini non sembra servito a molto, rimane il fatto che tra i due politici uno è legittimato a mettere in atto le proprie strategie mentre l’altro è vincolato dal suo ruolo di presidente della Camera e da uomo attento difensore delle istituzioni come è l’ex leader di AN dovrebbe capire che i suoi interventi sono parsi quantomeno stonati in alcuni frangenti.
L’invito a lasciare la presidenza della Camera e a ributtarsi all’interno del partito per “fare politica” forse per orgoglio è difficilmente accettabile anche per l’imperio con cui è stato espresso ma a pensarci bene, fossi in Fini, un pensierino ce lo farei.

symbel (redattore)

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