Il bipolarismo politico italiano è assolutamente imperfetto. E questo mi pare indiscutibile: sia dal confronto con gli altri paesi, sia dall’inaccettabile teatrino recitato quotidianamente dai nostri politici e politicanti, sia perché i passaggi degli stessi da questa a quella coalizione, e da questo a quel partito, possono essere favoriti da logiche puramente “poltronistiche”, anche in considerazione dell’attuale sistema elettorale che non prevede la preferenza nominale nel voto.
Può il bipolarismo essere rappresentato da due diversi programmi politici? Più che può, deve.
Ma possono i rappresentanti all’interno dei due schieramenti condividere in toto le linee guida del pensiero della propria coalizione di riferimento? Lobotomia a parte, ciò è invece impensabile.
Cosa hanno pensato bene di fare Destra e Sinistra in Italia, allora?
La Sinistra ha da subito intrapreso la strada di non nascondere le diversità al suo interno. Peccato però che anziché mantenere un’unica realtà che comprenda al suo interno diversi movimenti di pensiero, abbia infelicemente scelto di scindersi in mille simbolini e simbolucci, i quali differiscono tra loro sovente di un nonnulla. E qui si innescano due considerazioni, ovvero:
- La scissione PD e Sinistra-Sinistra è corretta se si vuole considerare il PD come una forza che ha definitivamente abbandonato il passato comunista e tende a diventare centrista. Se invece le pulsioni verso il vecchio PCI sono ancora forti, allora non è altro che un bluff.
- La divisione invece delle diverse realtà di Sinistra ispirate ancora al comunismo, dal PDCI a Sinistra e Libertà e annessi e connessi, non risponde assolutamente ad una logica di bipolarismo. In un vero bipolarismo essi dovrebbero essere riuniti in un’unica struttura partitica, all’interno della quale bisognerebbe poter riconoscere le diverse correnti: dopodiché, in un sistema elettorale con voto a preferenza nominale (che attualmente non c’è, ed è a mio avviso elemento altamente distorcente del vero bipolarismo), gli elettori potranno comunque riconoscersi in uno specifico movimento di pensiero. A quel punto il risultato elettorale dovrà necessariamente essere di volta in volta determinante negli equilibri all’interno del partito.
Nel centrodestra invece i passaggi sono stati questi: la Lega è rimasta indipendente, mentre Forza Italia e AN scelsero (entrambi liberamente e consenzienti? Non è così scontato…) di unificarsi nel Pdl.
Operata la fusione, la via percorsa dal Pdl è stata l’opposta di quella della sinistra. Ovvero il tentativo di mostrarsi sempre unanimi, concordi, e in sintonia con ogni scelta politica operata dal partito.
In questi giorni Fini sembra scegliere di non uscire dal Pdl, ma di voler contemporaneamente dare voce ad un movimento all’interno dello stesso che liberamente possa dissentire, in alcuni casi, dalla linea generale dell’attuale partito di governo. Ovvero nient’altro che lo specchio di quanto avviene ormai da tempo negli altri paesi con bipolarismo ben più collaudato, in primis gli States.
Il passo dell’ex leader di AN, tuttavia, è stato indiscutibilmente fatto male: fuori tempo, con pochissima chiarezza, senza contenuti soddisfacenti, e soprattutto con il forte rischio di ingenerare nell’elettore del Pdl il dubbio che il fattore scatenante di questa scelta sia una malcelata ricerca di visibilità, e non invece un determinato e coerente cammino politico.
Data la mia fiducia nei nostri politici, praticamente pari a quella che nutro nella vittoria dei prossimi mondiali di calcio da parte del Sudafrica, non pretendo nè anelo a conoscere la verità.
In concreto, tuttavia, non posso esimermi dalla seguente riflessione: perché si è giunti a questo? Quali i possibili scenari? Avanzo un ventaglio di possibili (non ho detto credibili) passaggi dietro le quinte.
- E’ il risultato di una ponderata riflessione iniziale, in virtù della quale i dirigenti hanno ritenuto più opportuno riflettere all’esterno una immagine di costante unanimità di pensiero nel Pdl. Ragionamento che alla base può voler dire solo due cose: o non hanno avuto fiducia negli italiani, ritenendo che non fossero abbastanza maturi da comprendere che le diversità all’interno di un partito non sono automaticamente foriere di uno scioglimento e conseguenti solite elezioni anticipate; oppure hanno fatto un ragionamento di strategia elettorale, ritenendo che questo insinuasse negli elettori un elemento di consenso e tranquillità.
- E’ il risultato dell’egemonia di potere del premier Silvio Berlusconi, il quale ha innegabilmente una certa propensione a mal digerire ogni dissenso dalle sue vedute (cosa che avrebbe come riflesso l’atteggiamento di attacco frontale dei quotidiani che lo sostengono, il Giornale e Libero, che attaccano frontalmente qualsiasi alleato di Silvio ogni qualvolta non dimostra pieno consenso e accondiscendenza verso il cavaliere).
- E’ il risultato dell’incapacità di Gianfranco Fini verso il non recitare ruoli di primo piano, o il timore di quest’ultimo di perdere identità verso lo zoccolo duro del suo elettorato (ma se ha accettato di confluire nel Pdl, questo è un rischio inevitabile al quale è impossibile sottrarsi: quindi o si accetta subito la scommessa, oppure non ci si mette in gioco, tertium non datur).
Gli scenari 2 e 3 naturalmente sono deprecabili (pur se tipici della nostra storia politica, senza distinzione di sorta tra destra, sinistra e centro), e gli elettori del Pdl, ma forse tutti gli italiani, farebbero bene ad auspicare che non da quelli siano dipesi i recenti sviluppi nella vita del movimento politico attualmente al governo.
Tuttavia, anche qualora si sia trattato della ipotesi 1, ovvero una scelta dettata da una ponderata riflessione iniziale, il risultato che ne è scaturito è stato l’incapacità di non manifestare i piccoli dissapori interni, e contemporaneamente di non esplicitarli chiaramente. Insomma musi lunghi, mezzi bisbigli e pissi-pissi, con il risultato di spiazzare l’elettore medio del Pdl anziché infondergli fiducia nel movimento.
E così, mentre destra e sinistra si consumano nella disciplina non ancora olimpionica di auto flagellarsi, crescono i consensi della Lega e dell’Italia dei Valori.
Se questa è la strada per arrivare ad un efficiente ed efficace bipolarismo, nella migliore delle ipotesi siamo rovinati.
certo che con Bersani in graticola e pronto per essere girato dall’altra parte risulta quanto meno incomprensibile la “mossa” Fini che in colpo solo destabilizza e getta nello sconforto l’elettorato di centrodestra e piazza un assist al grigliato che fa sapere di poter intavolare “un discorso” col Principe Ribelle.
Sarebbe da soffermarsi sul “discorso” che torna e sempre da quella sponda della politica quando chi
capiva ed era bravo come idee politiche lo era in virtù di “un certo tipo di discorso”, bastava che dicevi esattamente il virgolettato ed eri uno che contava in politica e nella vita.
Piuttosto volevo soffermarmi sul Principe ereditario e oggi ribelle non si sa bene per cosa visto che in suo
nome il Re aveva rinunciato ad un altro Principe che vista la mala o ria sorte se ne era andato dal palazzo
con i suoi fedelissimi “casinisti” e che mi fa l’ereditario?? altri casini … tanto valeva tenersi quelli con la C
maiuscola
;-))
certo è che il centrodestra dava l’impressione di una forza coesa e più rispondente al suo elettorato, l’esatto
contrario del centrosinistra spesso in versione armata Brancaleone per non parlare, e lo hai fatto molto
bene tu, della sinistra-sinistra che appare ancor più sinistra con i suoi tanti derivati e future.
Di sicuro Fini dovrà rispondere al suo elettorato che non credo sarà molto tenero con lui e già mi immagino
il più classico “da te non me lo sarei mai aspettato” .. ma scherziamo o cosa??
Qualcuno, molti, in politica dovrebbero vergognarsi, e in generale in quell’ambito viene rappresentato il
peggio del paese e raramente il meglio … dopo non meravigliamoci se cala l’affluenza alla GABINA