A sentire i commenti dei politici sembra che tutti abbiano vinto le elezioni: chi ha incrementato le proprie percentuali, chi ha conquistato il numero maggiore di regioni, chi il numero maggiore di elettori.
Vero è che a sinistra l’unico che ha dato pane al pane e vino al vino è stato solo Di Pietro, che ha riconosciuto la vittoria del centro destra.
Gli altri esponenti del centro sinistra invece vanno all’attacco puntando sul numero delle regioni da 7 a 4 prima e 6 dopo, sul fatto che il Pdl abbia perso punti e che Bossi creerà problemi al Pdl visti i risultati trionfali.
Peccato che le regioni del centro sinistra prima fossero 11 contro 2 del pdl, partito storicamente poco radicato territorialmente, che a Roma il Pdl non ha potuto schierare la propria lista e nonostante questo esce vincente nel Lazio, e che le regioni più grandi, e pertanto anche il maggior numero di elettori, sono andate tutte al centro destra.
Da notare anche l’exploit della lista vicina a Beppe Grillo, che strappa elettorato al centro sinistra e regala al PdL la vittoria, un po’ come è successo in Puglia con la Poli Bortone candidata dall’Udc che ha regalato a Vendola la presidenza.
E lo stesso Vendola, appoggiato ma non candidato dal Pd, vince come governatore, ma è il PdL il primo partito della regione.
Un’altro battuto è l’astensionismo, che nonostante sia aumentato non è riuscito a stravolgere piu di tanto il risultato delle elezioni, come invece è successo in Francia.
Da segnalare l’ottimo risultato della lega, che nonostante quello che pensano a sinistra ha dichiarato fedeltà all’alleato Berlusconi, annunciando ulteriore supporto alle riforme.
E anche le provinciali de L’aquila danno un ulteriore dato: le carriole hanno perso contro ruspe e ricostruzioni.
Se ci fate caso ormai dopo ogni elezione per qualche ora c’è un’atmosfera magica. Una sorta di surplace mediatico in cui molti commentatori, opinionisti e pseudointellettuali vari con tutto il loro codazzo di seguaci adoranti, appena caduti dal pero stanno lì con il sedere per terra e si guardano in giro stralunati. Un lasso di tempo brevissimo in cui forse hanno la tentazione di guardare in faccia la realtà come è e non come se, e ce, la raccontano tutti i giorni. Poi si rialzano, si rimpannucciano e tornano a pontificare. Tutto torna come prima.
Queste elezioni hanno detto alcune cose molto chiare sulle quali è difficile non convenire.
La prima è più evidente è che l’UDC è decisiva al contrario. Dove il suo candidato si è apparentato con il PD il PD ha perso (Piemonte), dove si è apparentato con il PDL (il candidato del PDL ha perso) dove è andata da sola è riuscita a catalizzare una percentuale decente.
La Lega ha stravinto nel Nord ma ha sorpassato come lista il PDL solo nel Veneto con l’exploit di Zaia. Grande risultato ma non tale da poter dire che il Nord è in mano alla Lega. La Lega dimostra di essere l’unica formazione in grado di formare una classe politica e di farla amministrare in modo decente.
La Bindi che continua a parlare di xenofobia e di qualche pazzo scriteriato (ma ne esistono anche nel PD) che ogni tanto la spara grossa per definire il fenomeno LEGA è veramente sconfortante. Da una politica navigata come lei ci si aspettava qualcosa di più.
Il risultato nel Lazio è soprendente in considerazione del grande pasticcio legato alla presentazione delle liste per la provincia di Roma. Ancora una volta i radicali dimostrano di non avere il consenso elettorale. Siccome è l’ennesima in cui parlano parlano e poi si sfarinano al momento in cui serve forse è il caso che si facciano da parte.
Il movimento 5 stelle di Grillo ottiene un buon risultato soprattutto nelle regioni rosse rubando voti al Centrosinistra. In Emilia Romagna se si apparentassero con l’Italia dei Valori (possibilità che allontanano come la peste) avrebbero delle percentuali non male ma da far paura più al PD che al PDL.
Se questi risultati che preludono gli ultimi 3 anni di legislatura senza elezioni di rilievo aiuteranno il Governo a fare un passo decisivo verso le riforme, possibilmente condivise, allora c’è di che rallegrarsi, se invece serviranno solo a ringalluzzire il Premier e a continuare sulla falsa riga di quello che si è fatto sino ad ora portando avanti l’alibi del “consenso del popolo” allora c’è ben poco di cui esser felici.