Il braccio armato della beneficenza

E’ un fatto risaputo : solamente una piccola parte dei soldi donati in finisce ai . Tanto per fare un esempio, più della metà del bilancio della serve per far girare gli ingranaggi del carrozzone. Ma tutto sommato la fa un figurone in confronto a quanto sarebbe accaduto (il condizionale  è d’obbligo) ai fondi raccolti grazie al del 1985.
Il 95% dei fondi raccolti sarebbero serviti per comprare le dei ribelli, e solo una minima parte finiva in aiuti umanitari per le popolazioni.

La rivelazione viene dall’ex-comandante dei ribelli del , una delle zone etiopi in cui sarebbero dovuti finire gli aiuti. Queste le parole di : “Mi avevano dato dei vestiti per apparire come un commerciante musulmano, ma era solo un tranello per le ». Fioriscono anche racconti su Araya fotografato mentre contava mazzette consegnate da un emissario delle e sacchi di grano che in realtà contenevano sabbia.

Le parole di Araya sono confermate da , un altro ex comandante guerrigliero che oggi vive in esilio in Olanda. In un’intervista alla BBC riferisce che “I volontari occidentali erano imprudenti e non si rendevano conto che  avevamo messo in piedi «una commedia» per fregarli. Con i soldi degli aiuti abbiamo comprato le armi. Il 95% dei 100 milioni di dollari per gli aiuti, passati per il territorio ribelle, sono stati utilizzati diversamente”.

, che sul live AID ha basato la carriera, ovviamente smentisce e minaccia querele. Ma la frittata ormai è fatta. Francamente, è difficile sapere quanti dei soldi donati finiscano dove in realtà servono, e quanti finiscano nelle tasche sbagliate. Ormai non passa giorno senza una richiesta di un contributo di un euro via sms per una moltitudine di cause, per non parlare delle lettere ricevute a casa da decine di associazioni che fanno a gara per mostrare l’immagine più scioccante (gettonatissima quella del bambino africano con le ). Il meccanismo è tutto sommato semplice: si paga per mettere a posto la , pazienza se poi non si sa dove finiscano i soldi.

Però andrebbe seriamente ridiscussa l’utilità di questa beneficenza. Ci si lava la coscienza con l’obolo, e tutto sommato sarebbe anche sufficiente se i soldi finissero in parte agli affamati e in parte ad arricchire qualche ruffiano locale. In certi paesi la corruzione è inevitabile. Il vero problema è quando i fondi servono a finanziare attività non certo umanitarie, come l’acquisto di armi (e probabilmente chissà cosa, dal traffico di esseri umani in su). Si genera un giro vizioso che non fa altro che peggiorare la situazione.
La soluzione? Difficile da trovare. Un controllo diretto sull’uso è pressochè impossibile, soprattutto in paesi in cui, nel più fortunato dei casi, si può dire che siano diversamente democratici. Magari Bob Geldof saprà indicare una soluzione al problema.

Lapo Pelosini (redattore)

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