E’ notizia di questo fine settimana la messa in vendita di quella che fu la casa di Adolf Hitler con tutte le polemiche che si porta dietro e le paure concrete ovvero l’arrivo in massa di compratori nostalgici neonazi e quelle un po’ più ideologiche, la paura del passato.
Ma questa curiosità di tipo immobiliare non è stata l’unica notizia di questi giorni legata ai simboli del passato, infatti è comparsa sull’Apple Store, la famosissima bottega elettronica dell’azienda della mela morsicata, un’applicazione per Iphone-Ipod che porta la svastica in bella mostra.
Si tratta della traduzione spagnola del Mein Kampf, il catechismo della gioventù Hitleriana, che evidentemente è passato tra le strette maglie del setaccio al quale sono sottoposte le applicazioni Apple. Attenzione però, quello che scandalizza molti non è tanto il contenuto del libro elettronico, peraltro già comparso con diverse traduzioni anche in formato elettronico in altre servizi di questo tipo e in Giappone perfino tradotto in forma di manga, quanto il fatto che venga esposta in bella mostra la sua icona, ovvero la svastica.
Non sembri paradossale il salto che sto per fare, perché più di uno ha fatto questo accostamento (Odifreddi e Dario Fò per citarne due) ma questa settimana si è parlato a proposito di simboli anche della croce e non nel senso di una laicità dello Stato da preservare nella scuola ma come simbolo foriero di morte e persecuzione, vessillo sotto il quale si sono benedetti massacri, immagine che turba e sconvolge le povere anime di bambini indifesi.
E quale simbolo migliore dell’anniversario della caduta del Muro di Berlino? La barriera che ha tagliato in due non solo una città ma l’Europa intera (a proposito a scuola le solerti insegnanti in questi giorni staranno parlando di questo evento?) una lama di cemento simbolo di oppressione prima e ora di libertà.
A parte il tratto di poco più di un chilometro che è rimasto in piedi e diventato simbolo con i murales affrescati su di esso, del resto del muro non è rimasta nemmeno la polvere, al giorno d’oggi è perfino impossibile ricostruirne l’intero tracciato. E’ sparito.
Chi ha paura dei simboli? E soprattutto perché? E’ lecito far scomparire i simboli scomodi del passato?
Ricordate Zapatero che appena insediato si preoccupò di disporre l’eliminazione da chiese ed edifici pubblici di tutti i segni residui del Franchismo?
L’impressione è che queste operazioni siano fatte in nome del poco nobile principio secondo il quale “occhio non vede, cuore non duole”. Per fortuna, o sfortuna vedete voi, il passato non si cancella con una passata di spugna e sgrassante e rimane lì, a ripresentarsi continuamente come la peperonata durante la digestione.
Quindi l’icona di un’applicazione, quattro mura in Austria, una svastica sul vestito di Halloween di un principino o il drappo che campeggia nella stanza di un miliardario che si fa frustare in nome delle SS che furono, scandalizzano e suscitano reazioni perfettamente in tema con i metodi che si nascondono dietro i simboli stessi. E i partiti storici spariscono mentre discutono al loro interno se tenere o no il simbolo del loro passato nel logo della lista e il 4 novembre è appena accennato e visualizzato quasi solo dai manifestini per le strade con “Grazie ragazzi!” più adatto ad una nazionale di ritorno dai mondiali che alla Giornata delle Forze Armate e dell’Unità Nazionale.
Rimane l’ultimo estremo simbolo che è quello del fiore nella tomba di un novembre “mese dei morti” e anche qui, per non farci mancare nulla e tirare un po’ su le pageview cito Silvio Berlusconi. Quando costruì Milano 3 con i soldi di cui si deve ancora appurare la provenienza, volle espressamente che non fosse previsto il cimitero all’uscita dell’agglomerato urbano, avrebbe intristito gli abitanti e annacquato l’idilliaco paesaggio fatto di pinetine e laghetti con i cigni che sembrano di plastica.
Come se per avere l’immortalità bastasse eliminare i cimiteri, come se per avere la democrazia bastasse eliminare i simboli della dittatura come se quando sciopereranno i becchini, quel giorno, non morirà nessuno.
Il bianchetto sulla storia
symbel (redattore)
Enzo Biagi citava spesso questa frase: “Il sangue della storia asciuga in fretta”.
Ottimo articolo Simone!