Discorrendo amabilmente con il Santo Padre, negli splendidi giardini Vaticani, creazione del buon Dio così magnanimo con l’uomo da donare al genere umano, nonostante sia ricettacolo di ogni peccato, una cornice verde alla sua esistenza infima, ho per qualche istante fatto cenno a Sua Santità alla vicenda della sentenza della Corte Europea circa la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche in quanto simbolo gravemente offensivo per la sensibilità di alcuni fanciulli.
Sua Santità, inarcando leggermente le sopracciglia come un cigno dispiega le ali nell’atto dello spiccare il volo ha schiarito la sua voce e con un flebile suono gutturale tipico della sua origine teutonica ha borbottato un verso a me incomprensibile che in realtà era un afflato di speranza nella provvidenza e un invito a cambiare argomento ritenendo questo poco interessante.
Ritornato nel mio umile appartamento la sera ho riflettuto su questo nostro incontro e dovendomi curvare sul mio robusto scrittoio di legno massiccio, scuro e pesante come il legno della croce con la quale fu issato Nostro Signore, ho realizzato il suo significato.
Come una luce che squarciati i cieli discende sul capo del Prescelto così d’improvviso la mia mente si è aperta, i miei occhi hanno perso il velo della corruzione dei tempi e della società e quel gesto del Santo Padre mi ha disvelato tutto il suo pensiero sulla questione della Corte Europea e dei Crocifissi.
La sintetizzo per voi lettori che come cuccioli d’aquila avete bisogno di cibo già sminuzzato dai denti e imbevuto della ptialina della madre: “della sentenza non me ne può fregar di meno tanto alla fine non se ne fa nulla e i crocifissi rimangono dove sono. Il risarcimento poi l’hanno chiesto al governo Italiano, mica a me!”
Crux mea lux
Pio Nicola Vivaddio (collaboratore)