Non sono solito soffermarmi sulla politica, sebbene i miei colleghi si dilettino oltremodo a soggiogare le giovani menti con soliloqui altisonanti riguardanti ideali obsoleti e bocciati dalla Storia. Oggi in questo mio piccolo spazio, oltrepasserò la linea immaginaria che divide il mondo aureo della filosofia dalla lordura del dibattito politico. Perché di questo si tratta, di grufolanti scrofe gravide che si agitano nella fanghiglia in cerca di quella visibilità che nelle loro menti malate dovrebbero tradursi in sonati preferenze nelle seguenti votazioni popolari. Questo osceno rave che si consuma sui nostri media si traduce in un continuo vociare, in un susseguirsi di polemiche che scandiscono le nostre giornate tanto da diventare il nostro nuovo metro temporale. Giammai ricorderemo l’anniversario di questo o quello, ma sicuramente ci rimarrà in mente l’ultima dichiarazione al vetriolo del magistrato trasfiguratosi politicante contro l’imprenditore trasfiguratosi Re Sole; o magari il giornalaio che inveisce a quattro colonne contro veri o presunti sodomiti messi a capo delle istituzioni monoteiste. E’ il ritmo della nostra vita, scandita da figuri che ci guardano dritti negli occhi dalle frequenze del servizio pubblico per convincerci di quello che non avrebbero coraggio di dirci a quattrocchi, timorosi di quel sonoro ceffone che si meriterebbero. E’ la clessidra moderna, e dobbiamo farcene una ragione. La democrazia, nella sua versione post-moderna, è un noioso gioco di società ove ciascuno fa la sua parte e poi finge di crederci. Per questo è da tempo immemore che mi sono abbarbicato sulla rocca della cultura alla ricerca dello spirito che nelle polis dell’Ellade diede vita alla scintilla dell’autentica democrazia, quella dell’agorà. Quando il termine quorum poteva essere al massimo un liquore da gustare dopo il capretto alla brace. Salute!
Ritmo!
Prof. Luigino Giannantoni (collaboratore)