Barbarossa

1217605331757_barbarossa6 rappresenta due mondi che s’incontrano. Ovviamente non il Sacro Romano Impero e la Lombarda, ma piuttosto Hollywood e la fiction italiana. A rappresentare la prima, un Rutger Hauer a cui basta star fermo in video per sprizzare carisma; lui ha visto cose che noi umani non potremmo neanche immaginare, ed il suo peso sull’interpretazione dell’Imperatore tedesco si sente tutto. A rappresentare Raiset abbiamo invece e Kasia Smutniak; entrambi fanno un sacco di smorfie e si muovono tanto per cercare di dar linfa al proprio personaggio, ma il risultato soprattutto nel caso dell’ex Sig. Barale rasenta il ridicolo: vorrebbe avere l’epicità delle battute di Russel Crowe ne Il Gladiatore e la gagliardezza delle pose di Gerald Buttler in 300, finisce per esser un modello che gioca a far l’attore (quello che in effetti è). Dal punto di vista scenico siamo abituati a veder questi polpettoni storici rappresentati dall’industria californiana del quindi le pecche di una produzione italiana si vedono tutte. I richiami (voluti?) alla politica odierna ed ai refrain della nuova si fanno notare; bisogna decidere se è il nostro orecchio troppo inquinato da voler leggere sempre il doppio significato dappertutto, oppure se il regista strizza l’occhio a Bossi & C. consapevole che un bel pezzo d’incasso arriverà dalle camicie verdi. Comunque alla fine non mi sento di bocciare questa operazione, perchè con un pizzico di protezionismo ha più senso sentirci raccontare la nostra storia da produzioni casalinghe con tutte le pecche del caso piuttosto che sentircela raccontare da chi sta dall’altra parte del mondo. Per concludere, un piccolo pensiero forse non corretto ma che mi ha assalito guardandomi intorno nella buia sala: ma che ci facciamo noi sardi a guardare questo ostentato inno alla milanesità? Ma dopotutto in un multisala Medusa è giusto così.

Rudy Basilico Turturro (redattore)

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