Whiteout, ossia un ciclone di neve che spazza l’Antartide rendendo quasi impossibili le condizioni di vita. E l’interesse per il film nasce tutto dal Continente Perduto, affascinante ultimo lembo di terra solo sfiorato dall’Uomo Dominatore. Attorno alle condizioni estreme che comporta affrontare la lunga notte semestrale a quelle latitudini si muove un buon thriller, con un killer che si nasconde tra la comunità scientifica e gli inevitabili strascichi di diritto internazionale che innesca un omicidio in quella terra di nessuno. Il tutto in un’atmosfera claustrofobica dove mettendo il naso fuori dai container (non quelli d’Abruzzo col frigo pieno) si rischia la vita se non si fa attenzione, e segnare un -50 significa una bella giornata. Per un film che si muove sui binari giusti con qualche scena che non ti aspetti come il nascondere diamanti dentro cosce e stomaci dei cadaveri e l’amputazione di due dita assiderate alla bella Kate Backinsale, è proprio l’attrice che fa storcere il naso. Non tanto per un’interpretazione comunque nella media o per quella scena sotto la doccia che sembra girata ad uso e consumo del mito sexy da rispettare ed alimentare, piuttosto perché è difficile credere che in Antartide si mandi a far lo sceriffo una gnoccolona come lei in una situazione di totale isolamento e con tanti topi da laboratorio con costante alzabandiera a parte i momenti di farsi una passeggiata per i deserti di ghiaccio a cercar batteri preistorici. Ma a parte questo mio piccolo appunto, subito rintuzzato dalla già citata scena in stile Saratoga il silicone sigillante, il film rimane godibile fino in fondo.
Whiteout
Rudy Basilico Turturro (redattore)