Carlà piace alla gente che piace, come recitava un noto spot di qualche tempo fa, eppure il popolo basso, anch’esso votante, mugugna sottovoce per i capricci e i privilegi a lei concessi. Così vicina alle prime pagine e alle riviste patinate e così lontana dalla gente, troppo snob per macchiarsi il lungo tailleur. E se pure i francesi incominciano a trovare altezzosi i suoi modi e a porsi il problema dell’italienne (non appena appaiono i vizi l’elegante Carlà ritorna magicamente italiana) vuol dire che la luna di miele è agli sgoccioli.
All’inizio ad accompagnare l’ascesa di Sarkozy c’era la bisbetica Cecilia; la rottura era già insanabile ma per non danneggiare il suo compagno fece una campagna elettorale dietro le linee, soffocando i mugugni per opportunità e riconoscenza. Nessuna bizza, nessuna lettera infuocata scritta a Libération per lamentarsi di suo marito come similmente è accaduto da noi. Una volta finita la campagna elettorale ci fu un incidente diplomatico con George Bush, dove Cecilia inventò un malessere diplomatico per evitare l’incontro da protocollo. La rottura da ufficiosa divenne ufficiale, il resto è gossip: non bastò nemmeno un sms a cuore aperto di Nicolas per ricucire il rapporto.
Poi arrivò la sofisticata Bruni, la quale colmò velocemente un vuoto facendo sognare i rotocalchi di gossip e non. Sembrava proprio una commedia romantica: lei bella, scalza e diafana, con la sua chitarrina a tracolla e il suo pigolare monotono, intenta a comporne la colonna sonora immaginaria.
Tutti ne ammirano l’eleganza del portamento, il modo di presenziare e il modo di vestire con colori mai troppo accesi e mise sobrie, con gonne appena sopra il ginocchio. Qualcuno ha persino l’ardire di paragonarla a Jacqueline Kennedy, forse nella inconfessabile speranza di vederla scrollarsi di dosso pezzi di cervello dalla gonna color pastello.
Il problema è che Carla Bruni piace a pochi, i suoi modi vengono considerati distanti e snob, sofisticati e studiati, come se non avesse mai abbandonato idealmente quella passerella contornata da flash, nastri colorati e da sorrisi untuosi. Il confronto con Michelle Obama al G8 rende ancora più evidente la differenza con l’algida francese d’adozione. Michelle è il classico donnone, dagli avambracci da maniscalco, ma dal il sorriso solare e dalla energia solare contagiosa, tanto da far chiudere un occhio ad un incredibile completo giallo limone, probabilmente preso per l’occasione da qualche sacca destinata ai terremotati. Non certo aggraziata, ma a suo modo bella e con un bel modo di porsi agli altri. Michelle arriva assieme agli altri, la cherì arriva da sola e da sola toglie il disturbo. Siamo sempre li: secondo alcuni è discrezione, per altri snobismo.
Eppure la Bruni dovrebbe mettere d’accordo tutti, in quanto racchiude perfettamente il peggio dei due paesi: Così francese nella spocchia, così italiana nelle gaffe, nei privilegi agli amici e per se stessa. Coi suoi dischi pubblicizzati e distribuiti per ragion di Stato, con l’amico della sua casa discografica messo a capo di una commissione per tutelare i diritti d’autore su internet riguardo musica e film, e persino l’intervento in una assemblea condominiale di Sarkozy al fine di placare un contenzioso della suocera.