Italiani all’estero. Tirocinio e ritorno a casa

Non avranno mandolino e pizza nei bagagli, ma i all’ mantengono toni e usanze nostrane.
Si portano dietro anche le esultanze, ma in questi caldi anni duemila tengono le moviole e le polemiche a chi ha deciso(?) di seguir e servir la propria patria.
Le bandiere e la fedeltà sono quasi sbeffeggiate dalle partenze verso lidi milionari o stage giovanili all’estero, che a volte sono in realtà furbi furti di ostaggi ancora inermi.
Chi ha ragione? Italiani veraci o fautori dell’ esperienza oltremanica?
Europa, terra promessa.
Calciopoli ha risvegliato questo sentimento andato via via perduto, adottato prima della svolta solo da pochi giocatori, decisamente non classificabili come fuoriclasse. Moggi&co sono stati l’apripista di una piccola diaspora di giocatori nel giro della maggiore. Allora eravamo appena divenuti campioni del mondo,e il nostro appeal cresceva. I pilastri Juventini, veloci come Zambrotta e rsistenti come optano rispettivamente per Barcellona e Real Madrid. Lotta infinita tra le due compagini, guerra tra bimbi tra due grandi amici. Intorno al trono, due aspiranti che hanno avuto storie diverse. Il Siviglia di Maresca è diventata una big europea, mentre il Valencia di Moretti vede svanire la nota forza agonistica, che era stata letale per fuoriclasse e leggende quando ancora il Mestalla veniva calcato da Amedeo Carboni.
Discorso a parte per l’ex romanista, notoriarmente nel giro della nazionale maggiore fino al suo embargo spagnolo. Da lì in poi , vista in tv, in compenso una caterva di titoli. Questo il principale motivo dei ridotti trasferimenti europei fino al 2006. Comissari tecnici troppo attenti al proprio suolo, pochi giocatori capaci di far cambiare idea ai vari Zoff, Maldini e Trapattoni.
La Nazionale non ci interessa, slogan dei vari Amoruso e Pistone. Come Carboni, c’è chi ha perso la nazionale dopo essersi trasferito nei vari campionati europei, chi come spiaggia vista l’età, chi per amore. Qualcuno ha incastonato il cuore nelle città in cui è stato, chi ha influenzato un’intera generazione di tifosi e di calciatori.
Zola è stato giudicato dai severi quotidiani inglesi il secondo miglior giocatore del massimo campionato del Regno Unito. Davanti l’irraggiungibile Best, un nome una garanzia, ma dietro di lui Giggs, Henry e Gascoigne, decisamente lontani dall’appellativo di quaquaraqua.
Carlo Ancelotti è l’ultimo di una sfilza di Italiani che hanno infiammato Stanford Bridge. Di Matteo, Vialli ma anche Dalla Bona e Cudicini sono stati vestiti di blu prima di rientrare a casa o dire semplicemente basta.
Ritorno al futuro.
Grosso in Francia, Toni in Germania, Dossena in Inghilterra, Donati in Scozia. Tanti campioni all’estero, chi per convenienza chi per necessità. Grosso ha sfortunamente interrotto il super dominio del Lione, Toni ha fatto impazzire ragazze tedesche e difensori avvesari. Un duello alla pari. Gattuso e Vieri hanno messo a ferro e fuoco Scozia e Spagna prima di rientrare trionfanti e divenire fuoriclasse nel bel paese. Miccoli, Di Canio e Negri hanno avuto tanta fortuna, condita da onoreficenza, premi individuali e maggior visibilità internazionale. Ma la Nazionale no, quella non sia mai per uno straniero. Prima delle schede Svizzere sia chiaro. Pochi sono rimasti delusi dall’ esperienze. Perchè di questo si tratta. Non è una fuga di piedi e cervelli, ma uno stage internazionale per tornare più maturi e completii. Ogni 4 anni si torna dalle vacanza straniere, per essere pronti e arruolabili a cantare (o a far finta di) fratelli d’Italia in barba agli altri inni.
Quindi chi ha ragione? Impossibile dar ragione a qualcuno o ricordare tutti, ma una citazione in particolare và a . Idolo assoluto della curva Laziale, cannoniere implacabile nei Cosmos Americani, mai feeling con i Ct anni 70′. Quindi cosa fare, se non andare a New York? Intorno a lui Neeskens, Beckenbauer, Pelè e Carlos Alberto. Sarà per questo che si sceglie l’estero, per confrontarsi con i migliori campioni. La risposta, in barba alla Nazionale, e ai facili perbenismi dell’attaccamento alla maglia, sembra essere questa.

Francesco Schirru (collaboratore)

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