Le dimissioni di Luciano Spalletti sono solo l’ennesimo tassello di una spirale che non avrà fine finchè non arriverà un nuovo magnate ad investire capitali freschi nel club. Tutto ebbe inizio all’indomani della vittoria fortunosa del campionato da parte della Lazio, sovradimensionata dalla finanza creativa di Sergio Cragnotti. Franco Sensi, fino ad allora anonimo petroliere a capo della AS Roma, capì che qualcosa andava fatto. Così tra magagne amministrative e grossi investimenti quali Batistuta, Samuel, Cassano, Capello e compagnia, riuscì subito a render la pariglia ai cugni biancocelesti ed a vincere il terzo tricolore. Roma capitale del calcio, per la prima volta i club del nord stavano a guardare per due anni di fila. Sensi scrisse il proprio nome a caratteri dorati nella storia della società capitolina, ma a quale prezzo? Il patron ci rimise metà del proprio patrimonio ed indebitò fortemente l’holding di famiglia Italpetroli. Nel mentre la squadra (che ha raccolto meno di quel che avrebbe potuto) passò in mano alla figlia Rosella e all’allenatore emergente Luciano Spalletti. Grazie ad una sapiente gestione conservativa ed all’autofinanziamento, il club è riuscito ad essere protagonista con vari secondi posti in campionato, buoni piazzamenti in Champions League e qualche exploit nella marginale Coppa Italia. L’anno scorso il meccanismo perde un giro, e la Roma riesce tra mille patemi a piazzarsi al sesto posto mancando l’Europa che conta. Pessimo momento per rinunciare agli introiti della Champions, con la crisi imperante e le banche che chiedono a gran voce il rientro dalla pesante situazione debitoria. La spirale precipita ad ogni rata di ammortamento del debito non onorata, con gli istituti finanziari che minacciano l’espropriazione delle azioni dell’AS Roma se non verrà ceduta in fretta e la Sensi che non vuole svendere il gioiello di famiglia senza rientrare di almeno un po’ di quei capitali spesi dal magnate Franco. Sul terreno di gioco la squadra invecchia, perde pezzi, ed anche lo stellone di Francesco Totti comincia a diventare un peso con i suoi mille acciacchi ed il suo ingaggio da pallone d’oro. Ora Spalletti, che nonostante i nervosismi spropositati ha avuto il merito di mettere in discussione i santini, paga per questo e per un mercato inesistente fatto di cessioni (Aquilani) e elemosine (Burdisso). Zero punti, avanti Claudio Ranieri core de Roma. E quando a quelle latitudini ci si appella ai sentimenti, significa che proprio non ce n’è più.
AS Roma: origine di una crisi
Rudy Basilico Turturro (redattore)
Ottimo post. Complimenti.
Condivido tutto. La mancata cessione di De Rossi al Real è un altro clamoroso errore della Sensi.
Alcune cose da aggiungere.
Credo che si stia parlando di una società a dir poco ostaggio della propria città, del proprio pubblico e dei propri giocatori più rappresentativi.
Vorrei sottolineare il fatto che questa società vive sotto una pressione mediatica enorme e spesso e volentieri ha compiuto mosse scellerate, basti pensare a come andarono le esperienze con Voeller e Del Neri, sacrificati sull’altare di Cassano.
Gli indebitamenti hanno fatto il resto, con tante cessioni di giocatori proprio ai club concorrenti (altra mossa tecnica incredibile, come se Emerson, Chivu, Mancini ecc non si potessero vendere all’estero).
Comunque il problema sta tutto nelle prime righe del tuo articolo: la folle rincorsa di Tanzi, Cragnotti e Sensi alle squadre del Nord, ben più solide tecnicamente e con una tradizione alle spalle che queste 2 società non potevano avere.