Birra artigianale italiana: il prezzo è giusto?

Birre artigianali italiane: il prezzo è giusto? Negli ultimi anni si è assistito alla potente esplosione del settore delle birre artigianali italiane, che come un’onda schiumosa di marea hanno inondato bar, ristoranti e supermercati, con una serie di prodotti che vanno dall’eccellente al ridicolo. Ad essere buoni, spesso si chiamano col titolo onorifico di mastro birraio degli onesti mescitori da sottoscala, ragazzotti che hanno armeggiato con damigiane, tini di mosto e kit comprati su internet e che hanno scoperto l’acqua calda, ossia che agli italiani piace darsi un tono. La è diventata un modo per far colpo, in un momento di crisi profonda del paese è tutto sommato comprensibile che uno voglia fare il figo con una bottiglia da 12 euro piuttosto che con l’ultima auto sportiva alla moda. Basta una bella etichetta, una bottiglia dalla forma accattivante e il gioco è fatto: il gonzo che vuole sfigheggiare disquisirà di e Porter, accostamenti culinari tra Brown Ale e salmone norvegese, luppoli americani e malto della Repubblica Ceca, sentori floreali e una nota di amaro che esplode nel finale, nemmeno fosse un Laphroaig invecchiato 40 anni.

Tutto sommato, non si può dar torto ai cosiddetti mastri birrai nostrani: ti vendono un sogno ad un accessibile seppure spropositato rispetto al reale valore. Al vero cultore della birra piange il cuore quando nota che capolavori dell’arte birraria belga, creati da monaci che hanno perfezionato una ricetta nei secoli, vengono venduti ad un quinto del rispetto all’ultima IPA italiana alla moda. E, sommessamente, ricordiamo agli italiani di buon senso e attenti al portafoglio che possono ancora trovare degli ottimi prodotti negli scaffali dei supermercati e anche nei discount: Wuhrer, Poretti, Pedavena, Menabrea hanno una loro dignità e qualche anno di storia alle spalle e sicuramente più tradizione di un homebrewer di campagna che sperimenta sulle papille degli italiani.

Cino Peron (collaboratore)

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