Tormentoni mondiali

Tormentoni mondialiI in Sud Africa erano già partiti con delle premesse interessanti. Una lunga retorica sull’Africa con punte di melenso umanitarismo e terzomondismo ben condito da un’innaffiatura di luoghi comuni abbondante.
Scacciata immediatamente l’immagine e il suono delle parole del presidente della Rai Garimberti che si vantava di trasmettere 24 partite su 64 (sic!) delle quali alcune in HD, con un “ottimo HD” (doppio sic!) e altre amenità varie e nel frattempo c’è chi si ingegna, su siti pieni di banner pubblicitari anche equivoci e spyware autoinstallanti da paura per vedere le partite in streaming senza farsi salassare da Sky, ecco che il mondiale quatto quatto inizia.
Ma torniamo al principio: i .
Il primo tormentone sono i termini che i radiocronisti, i commentatori e i giornalisti in genere ci propinano ogni due secondi e che fanno parte del vocabolario di questa competizione internazionale in terra sudafricana.
”, incitamento ai ragazzi della sudafricana che viene citato fino a provocare reflussi gastrici incontrollabili. E’ incredibile come la pochezza dei commentatori Rai non possa fare a meno di utilizzare questo termine senza soluzione di continuità. “” invece è l’inno dei mondiali cantato da Shakira e molto probabilmente copiato o perlomeno stranamente simile ad un altro motivo africano. E poi, last but not least, le “”, ovvero quelle trombette da stadio che fanno un rumore paragonabile solo a quello di una zanzara che vola nel padiglione auricolare in una notte d’estate a 40 gradi. Le trombette che già fanno da sottofondo alle risibili telecronache delle partite come se non ci fosse modo, nel , di equalizzare l’audio in modo da attenuarle, occupano anche un quarto delle citazioni del cronista stesso e dei suoi ospiti. E’ obbligatorio citare ossessivamente queste trombette infernali? E con tanto gusto? Almeno si potrebbe variare e ogni tanto chiamarle con il loro nome alternativo “lepatata” che è anche più simpatico ed evocativo di cose più gustose.
Questo per quanto riguarda il vocabolario, invece per tornare al terzomondismo da quattro soldi ci dobbiamo sorbire tutti i luoghi comuni più “pelosi” su Mandela, Mamma Africa, il Safari, l’amore per il calcio giocato a piedi nudi, l’apartheid, l’elefante che gioca a pallone, le danze tribali.
Tutto bello, bellissimo folklore, ma l’Africa vista in una sua porzione (non dimentichiamo che il Sud Africa è uno degli stati economicamente messi meglio e alcune città che non hanno nulla da invidiare dal punto di vista urbanistico a cittadine europee) e sotto la lente dei mondiali di calcio non è l’Africa vera o perlomeno non è l’Africa tutta.
Sarà la pochezza della nostra Nazionale (e in vero anche le altre “grandi” non hanno dato molto spettacolo), che spinge a divagazioni filantropiche o disquisizioni circa l’aerodinamicità del pallone sgusciante o le trombette frastornanti ma viene voglia di mettere l’audio delle partite a zero e godersi i colori, i sorrisi e le lacrime dei tifosi che quelli sì, alla fine, sono uno spettacolo che merita anche l’alta definizione.

symbel (redattore)

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