
La pedofilia rientra tra le parafilie, che rientra a sua volta nei disturbi sessuali e dell’identità di genere. La natura della pedofilia è egosintonica, ciò significa che molti pedofili stanno bene facendo ciò che fanno, e, tecnicamente, gli impulsi o le fantasie sessuali non causano significativo disagio o difficoltà interpersonali (a differenza del frotteurismo, nel quale il soggetto si vergogna e scappa). I soggetti con questa parafilia hanno comportamenti e preferenze molto variabili, possono cioè limitare le loro attività ai propri figli, a figliastri, o a parenti oppure possono scegliere come vittime bambini al di fuori della propria famiglia. Alcuni soggetti con Pedofilia minacciano il bambino per evitare che parli. Altri, specie coloro che abusano spesso dei bambini, sviluppano complicate tecniche per avere accesso ai bambini, che possono includere guadagnare la fiducia della madre del bambino, sposare una donna con un bambino attraente, scambiarsi bambini con altri soggetti con Pedofilia, o, in casi rari, adottare bambini di paesi sottosviluppati o rapire bambini ad estranei.
Potrei andare avanti a lungo, dirvi che alcuni soggetti con pedofilia sono attratti soltanto da bambini, mentre altri sono attratti sia da bambini che da adulti. Alcuni preferiscono i maschi, altri le femmine. Questo per dirvi che non è possibile fare un profilo psicologico standard del soggetto con pedofilia, tranne per il fatto che egli è attratto definitivamente da bambini/e di 13 anni o più piccoli.
Di solito il pedofilo giustifica le sue azioni col fatto che il bambino, così facendo, prova piacere sessuale, oppure che il bambinio è sessualmente provocante. Questo comporta che le persone affette da pedofilia formino dei gruppi di persone con “gusti” sessuali simili, in modo da potersi scambiare foto, video, cose che tutti sappiamo senza bisogno che le scriva.
Sono portato a pensare che nella pedofilia ci sia una forte base genetica, e il fatto che sia un disturbo “asintomatico”, se non quando il soggetto mette in atto le sue attenzioni verso un bambino o una bambina, rende incredibilmente incasinata la situazione.
La mia opinione riguardo i preti pedofili è la seguente: la pedofilia è socialmente rifiutata e legalmente costituisce un crimine, ragion per cui c’è una forte repressione sociale e psicologica verso qualunque tipo di manifestazione di quel genere. Se qualcuno vi dicesse “andiamo in piazza così vediamo (…) di qualche bambino”, non credo passerebbe, diciamo, inosservato, per usare un eufemismo. Basti pensare che a me dà fastidio solamente rileggere l’esempio che ho appena scritto.
Ragion per cui ci sono due possibili soluzioni per queste persone: o fare le cose nel più totale segreto, vivendo una seconda vita parallela, oppure, se spaventati dalle proprie fantasie sessuali, cercare rifugio sotto le grandi ali della Madre Chiesa, che tutto comprende e tutto perdona. Ma naturalmente una pulsione sessuale “parafilica”, non è qualcosa di cui ci si dimentica confessandola ad un sacerdote, in un certo qual modo è un marchio di fabbrica, un tatuaggio indelebile. Si può far finta che non ci sia, pagandone il prezzo, ma non si può fingere per sempre. Quindi da una parte abbiamo i soggetti con pedofilia che si sono nascosti per anni sotto le grandi ali della madre chiesa, ignorati, tollerati, forse, a patto che non toccassero nulla, ma alla fine scoperti e venduti ai giornali. Dall’altra abbiamo i soggetti affetti da pedofilia che vivono vite normali, con aberranti vite parallele: insospettabili genitori che abusano della figlia di 10 anni, o insospettabili capi-scout che hanno il pc pieno di video di bambini nudi.
Soluzioni?
Prima una precisazione: l’omosessualità con la pedofilia non ha nulla a che vedere. Il pedofilo che ha un rapporto esclusivamente con i bambini maschi, non significa che sia omosessuale, ma solamente che è pedofilo. Gli omosessuali non vanno con i bambini, così come un pedofilo attratto dai bambini non va con altri uomini. Secondo il DSM IV, manuale diagnostico statistico, l’omosessualità non è una parafilia, e per dirla tutta il termine “omosessualità” non compare proprio.
Allora, soluzioni?
1) In Parlamento c’è chi parlava, senza avere nozioni in materia, di “castrazione chimica”, ossia un trattamento farmacologico che azzererebbe la libido anche a Rocco Siffredi. Qui bisogna fare molta attenzione, perchè la pulsione sessuale non è qualcosa che parte dal corpo ma dalla mente. Se il corpo di un pedofilo non funziona, gli studi dicono che il pedofilo attua comportamenti sessuali violenti, come penetrazione con le dita o con oggetti, cercando di soddisfare una “fame” mentale che, per merito della castrazione chimica, rimane insaziabile. Quindi, anche dando per scontato che un pedofilo, di sua spontanea volontà, arrivi a prendere quotidianamente i farmaci per il resto della sua vita, ciò non risolverebbe il problema ma lo aggraverebbe.
2) Non esiste in questo caso psicoterapia o terapia farmacologica che abbia tenuta nel lungo termine, è inutile volersi prendere in giro. E lo dice uno psicologo che pratica terapia ipnotica di professione (io). L’unica possibile soluzione è tenere queste persone lontane dai bambini per il resto della loro vita, e fornire una terapia psicologica di supporto perchè, pur nella gravità della situazione in cui si trovano, la vita di queste persone sfortunate non deve essere per niente facile. E trovo deontologicamente scorretto rifiutare un aiuto verso queste persone che non hanno scelto di diventare così: hanno bisogno di aiuto e vanno aiutate.
Spero d’altro canto sia evidente che non sia necessario spendere nemmeno una parola sui danni *gravissimi* e *incalcolabili*, che un’attenzione sessuale di quel genere può provocare sullo sviluppo psicologico di un bambino o di una bambina, dal momento che mi devo spaccare la schiena (io) per cercare di rimettere insieme i pezzi di quei bambini e bambine che oggi sono diventati adulti.
Concludo con la mia sensazione che in questa situazione non ci sono vincitori e vinti, ma solo perdenti. Con una lavoro coordinato di prevenzione e sensibilizzazione sociale verso il problema, è possibile non dico risolvere il problema, ma almeno cercare di arginare i danni.
Dr. Giovanni Delogu (collaboratore)
Ti ringrazio per il contributo e mi compiaccio che grazie anche ad articoli come il tuo una piccola realtà come Moschebianche possa toccare argomenti così alti senza sfigurare nei confronti di altre più blasonate testate