Spunta l’alibi per Alberto Stasi

il quasi assassino Alberto Stasi

il quasi assassino

Nemmeno i garantisti ad oltranza davano speranza alcuna ad Alberto Stasi, giovane dai capelli biondo slavato e dagli occhi di ghiaccio, che tradivano fermezza nelle intenzioni e crudeltà nelle azioni, crudeltà solo coperta dalla maschera da bravo ragazzo.

“Il tono con cui ha chiamato i soccorsi era troppo freddo e calcolatore”, “la frequenza con cui fa visita la tomba della vittima Chiara Poggi è troppo sporadica, e nasconde probabilmente imbarazzo e senso di colpa”, “ha tagliato i ponti coi familiari della vittima, perché non deve essere facile mentire e al contempo sostenere lo sguardo della madre, straziata dalla perdita della sua adorata”, “nel suo pc possedeva materiale pornografico, la ragazza una volta scoperto il suo segreto potrebbe aver procurato in lui una vergogna e un senso di colpa tale da farla a pezzi in maniera brutale”. Non invento nulla. Queste ed altre sono state le analisi di psichiatri salottieri abituati ad attribuire e catalogare ogni gesto, ogni mezza frase detta con tono colpevolistico, come se le l’uomo e le sue reazioni emozionali dovessero muoversi esclusivamente secondo invisibili binari descritti dai loro tomi di scienza comportamentale.

Ma se la psichiatria e le sue perizie hanno comprensibili zone d’ombra, meno margini di errore dovrebbero avere le analisi scientifiche, che oltre ogni ragionevole dubbio dovrebbero arrivare a fornire dati tecnici inoppugnabili per venire incontro ad abilità investigative.

Quando ci si trova a che fare con periti inesperti o addirittura in palese malafede tanto da taroccare le prove indiziarie, come nel caso dell’ingegnere accusato di essere il bombarolo del nordest, c’è da stare poco allegri e soprattutto c’è da augurarsi di non trovarsi mai a che fare con la giustizia italiana dove l’opinione pubblica viene influenzata anche da psichiatri da strapazzo e da perizie di esperti fatte col culo, a voler essere buoni.

I Periti dell’accusa, della difesa, della parte civile e del giudice sono tutti concordi nel stabilire che Alberto Stasi era al computer dalle 9.36 e le 12.20, come aveva sempre sostenuto. Questo ritardo di due anni è dovuto al fatto che i carabinieri hanno messo le loro manacce nel pc di Stasi e, in maniera accidentale, hanno di fatto manomesso le prove prima di consegnare il pc alla procura.

Ci troviamo quindi in una situazione paradossale, dove i giudicanti pasticcioni (se pasticcioni) si dimostrano persino socialmente più pericolosi dei presunti assassini a piede libero, e chi risolve i casi solo nelle fiction come i , paralizzano le indagini. Chi sbaglia, e ripetutamente, deve essere messo nelle condizioni di non nuocere, di non poter inquinare le indagini, e soprattutto riapre la necessità che inquirenti e giudicanti non possano beneficiare del buon esito della accusa. Insomma, per dirlo a chiare lettere, che qualcuno del governo finalmente trasformi in legge lo slogan tanto sbandierato della separazione delle carriere.

Martin Sileno (redattore)

Martin Sileno

collaudatore di illusioni, menefreghista e blogger

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1 Risposta

  1. ada tringali corradina scrive:

    giusto afuhbsufbsfnskfnsfs

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