Sangue dello stesso sangue

L’omicidio di la diciottenne di origine marocchina di Pordenone, dal padre nel bosco perchè frequentava un ragazzo di 31 anni italiano anch’egli ferito ma non in pericolo di vita, ricorda molto la tragica vicenda di Hina.
Dalle prime ammissioni pare che il padre non condividesse la relazione della figlia con un uomo 13 più grande e per di più cristiano.
La vicenda, per le circostanze nelle quali è avvenuta, si presta a tante strumentalizzazioni e merita sicuramente una riflessione sulla condizione delle donne nel mondo islamico e non solo.
Una riflessione che invece sarà inquinata dalle solite polemiche legate alle guerre di religione, all’ islamico e alla fobia dello straniero.
Una famiglia normale, il padre perfettamente integrato, perlomeno in apparenza, aveva un lavoro stabile come cuoco in un ristorante, nessuno ha mai notato segni di squilibrio e i suoi colleghi lo hanno sempre trovato gentile e disponibile.
Mettendo da parte la religione perché nemmeno il Corano prescrive l’omicidio in casi del genere viene da chiedersi quali meccanismi scattino nella mente di un padre perché possa infierire con tale violenza su una figlia, carne della sua carne, con un coltellaccio e una foga tale quasi da decapitarla e poi dedicarsi al suo compagno che per miracolo non ha avuto ferite mortali nonostante le coltellate all’addome.
Quale odio o tradizione o convinzione personale o estremismo può prevaricare addirittura l’amore filiale?
Di genitori che ammazzano i figli è piena la cronaca nera, è vero però che un padre che sgozza la figlia per le sue frequentazioni e la sua mentalità non allineata, al giorno d’oggi, risulta sconcertante.
A questo punto però bisogna chiedersi cosa si intenda per integrazione, se dopo che lo Stato ha fatto il suo non ci voglia anche il coinvolgimento dei cittadini, delle comunità, perché l’integrazione non sia solo un foglio di carta e un lavoro seppur preziosissimo in tempi di crisi, ma una vera condivisione di valori.
Forse il nostro paese vive una tale crisi di valori che non è in grado di aiutare, di ascoltare e di accogliere. Così può capitare che un nucleo famigliare, innestato in una realtà apparentemente in modo funzionale in realta viva delle crisi di rigetto. Il fatto che Sanaa non sia stata protetta, ascoltata e suo padre portato a più miti consigli prima dell’insano gesto non può essere risolto con il solito, sterile, stigmatizzare l’islamismo estremo ma bisogna capire perché l’estremismo rimanga tale in un paese che si definisce civile e democratico.
E lasciamo stare leggi sull’immigrazione, voto agli immigrati e criminalità che qui non c’entrano nulla. Qui scorre il sangue di una ragazza giovanissima, una ragazza che ha avuto l’unica colpa di voler vivere in modo normale, come una sua coetanea, nella nazione dove vive. Una storia nera nè più nè meno che come quelle italianissime di Erika e Omar, dei coniugi di Erba o di Anna Maria Franzoni.

symbel (redattore)

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1 Risposta

  1. Holly! scrive:

    c’è già chi cogliendo la palla al balzo, auspica pene più severe per gli immigrati (e solo per gli immigrati!!). sfruttare un fatto ecclatante per promuovere questa schifosa politica umorale sta diventando sempre più il carattere distintivo di questa accozzaglia di merda che molti chiamano italia.

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